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Il dato sensibile prevale sulle esigenze istituzionali

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite definisce i limiti degli enti pubblici e degli istituti di credito entro i quali gestire la immensa mole di dati personali che questi per ragioni istituzionali posseggono e si trasmettono.

Privacy sui dati sensibili

La suprema Corte a Sezioni Unite, accogliendo il ricorso di alcuni cittadini, rimasti contagiati da trasfusioni di sangue infetto con le seguenti sentenze n. 30981/2017 (afferente il ricorso avente R.G. n. 15792/2012); n. 30982/2017 (afferente il ricorso avente R.G. n. 15795/2012); n. 30983/2017 (afferente il ricorso avente RG. n. 15797/2012); n. 30984/2017 (afferente il ricorso avente R.G. n. 15799/2012) ha messo fine ad un annoso dibattito che contrapponeva quanti subordinavano la tutela del trattamento dei dati personali alle esigenze istituzionali degli enti pubblici e degli istituti di credito.
La pronuncia della Suprema Corte ha chiarito, a pochi mesi dalla applicazione del regolamento europeo della privacy prevista per il 25 maggio 2018, il modo attraverso cui gli enti pubblici dovranno conformare la loro attività istituzionale nella detenzione, nel trattamento, nella trasmissione dei dati sensibili idonei a rivelare lo stato di salute, il sesso dei cittadini.

Tali cautele già previste dal D.lgs 196.03 sono state definitivamente affermate nei confronti della pubblica amministrazione e degli istituti di credito. Con tale pronuncia che naturalmente si estende ad ogni dato sensibile, anche quello giudiziario, la Suprema Corte apre un confronto non sui limiti e sulle prerogative dell’attività istituzionale delle p.a. bensì su un modo diverso di conformare quelle medesime attività istituzionali alle esigenze di riservatezza. È di tutta evidenza la novità introdotta con tale pronuncia, quando si invitano le pubbliche amministrazioni ad adottare protocolli di sicurezza nella salvaguardia del dato sensibile attraverso la cifratura e la criptazione, quando si afferma che pure nell’ufficio tenuto a trattare e detenere il dato sia necessario adottare le medesime cautele di salvaguardia e sicurezza alfine di non rilevare la notizia circa il dato sensibile. Oltre ad una chiara affermazione per una corretta applicazione delle norme a salvaguardia della tutela della privatezza dei cittadini, tale pronuncia è una significativa indicazione di direzione che auspica in ogni settore della p. a. una definizione di policy, di protocolli, idonei a limitare significativamente la rivelazione di dati concernenti la dignità delle persone. Indica attraverso la adozione di tali protocolli la corretta attribuzione di responsabilità se tali dati, notizie rilevanti sul piano della salute, giudiziario, sessuale, in qualche modo siano diffusi, rivelati al di fuori delle necessità istituzionali e in dispregio di queste.
In buona sostanza il corretto trattamento del dato sensibile assurge a imprescindibile canone interpretativo della stessa necessaria attività istituzionale.
Come sovente accade la Suprema Corte fornisce agli operatori del diritto e agli attori interessati lo spunto per dirimere accese querelle tra i limiti delle leggi e i diritti dei cittadini, spunti che dovrebbero essere raccolti per la costruzione di un “mondo migliore”.

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